TicToc from SiRe by FlliG

La canzone prende spunto dall’immagine della bomba che i russi lanciarono nelle fasi iniziali della guerra contro gli ucraini su cui era scritto “per i bambini”. Quasi fosse un gioco crudele o l’espressione più profonda dell’odio.
La violenza sui bambini è un filo conduttore delle nostre canzoni.
La violenza di cui è intrisa la società è il filo conduttore di questa canzone in particolare.
Una violenza lanciata come una bomba, pronta a esplodere dopo il tic tac (tic toc) del tempo che scorre prima che raggiunga l’obiettivo.
Una violenza a cui siamo talmente abituati da goderne, da desiderarla, da sceglierla quotidianamente con un “click mi piace” sui nostri cellulari. Che sono uno strumento di violenza. Tic Toc fa il verso a Tik Tok la community social dove questo piacere si mostra impudicamente ogni giorno e diventa uno spettacolo a cui tutti prendono parte con una danza.
Il cellulare è una bomba, una pistola di pasoliniana memoria, lo strumento con cui la società consumistica e capitalistica esercita la sua violenza senza più un minuto di sosta. Con un semplice click di assenso. E di piacere.
L’uomo è definitivamente relegato al ruolo di burattino del consumo.
Anche la religione che all’origine esprimeva l’anelito dell’uomo verso più alti traguardi per cui si era disposti a sacrificare la vita sulla croce, è diventata uno strumento per organizzare l’odio. Tanto da parte delle nazioni quanto delle Chiese.
L’invito a Gesù di scendere dalla croce è l’invito ad abbandonare la religione che non ha più alcun valore.
L’immagine di Putin che fa il segno di croce mentre tiene una candela in mano e viene benedetto dal Patriarca Ortodosso è l’immagine più materiale possibile del demonio, di Belzebù che ha trasformato la croce in un uncino, uno strumento di offesa. Lo stesso si potrebbe dire di tutti i potenti, Joe Biden o Xi Jin Pin.
Anche il Vaticano, gli intrecci romani con la malavita, il riferimento alla banda della Magliana, alla tomba di De Pedis in S.Apollinare esprimono le tante forme che la violenza ha preso, mascherandosi, ma virulente tanto quanto una bomba vera e propria. Di cui la pedofilia, endemica nel clero, è cartina di tornasole.
La bimba a cui si fa riferimento nel testo è la Manu (ela) del finale, Emanuela Orlandi, la bimba scomparsa nel 1983, ancora oggi senza giustizia, senza verità.
L’ennesimo uccellino vittima delle bombe degli adulti. Che non hanno saputo riconoscere la voce limpidamente profetica di Pier Paolo Pasolini, Peter Pan, l’uomo che non voleva crescere, che non voleva adattarsi sottomettersi alla società dei consumi, della violenza.
Il riferimento al petrolio è il riferimento al suo romanzo incompiuto.
Emanuela è immaginata come un angelo sopra una stella che dispensa la sua polvere, la polvere delle speranze dei bambini che sole consentono di volare al di sopra delle ipocrisie, di viaggiare per il mondo toccando le città del Giro del Mondo in ottanta giorni.
L’invito all’uomo a guardare verso l’alto è l’invito a ritrovare la via dell’amore. La via che un giorno era espressa dall’invito del cristianesimo ad “amare il prossimo come se stessi”, divenuta nel frattempo “piaci al prossimo tuo come o più che a te stesso”, e che oggi si potrebbe meglio declinare con la frase “spara al prossimo tuo come a te stesso”. Non vi è in fondo differenza alcuna. E nello stesso tempo esprime meglio la scelta della società moderna: la violenza. Di cui i bambini sono sempre inevitabilmente le prime vittime.